Quando arriva la primavera inizio a sentire immediatamente il profumo di un’estate al mare. Ho i bei ricordi di giornate trascorse nella natura, nelle campagne, tra orti, verande e case. La pineta, il mare, gli scogli, pane e ricci, una vespa bianca, il vento sulla pelle. L’estate trascorsa così, rimane indelebile sulla pelle.
Estate di un’infanzia fà. Il sole caldo, il vento di mezzogiorno, il mare cristallino. Ogni giorno per tre mesi circa di ogni estate la trascorrevo nella pineta delle Bombarde insieme a nonno. Aspettavamo nonna che puliva la villa di una famiglia di romani. Si andava di mattina presto, quando il sole ancora timido iniziava a scaldare quella che sarebbe stata una mattinata piena di avventure.
Nonno prendeva la sua panda rossa dal garage e veniva a prendere me e nonna sotto casa. Io indossavo un bel costume, una tutina e i granchietti ai piedi, pronta per camminare sugli scogli; nonna si vestiva pratica con una maglietta fresca in cotone e una gonna ampia, non aveva l’abitudine di usare i pantaloni. Quando si entrava in macchina il profumo di nonna era inebriante, intenso e buono e questo per me voleva dire estate.
Si partiva, i finestrini abbassati per metà, il vento fresco, il profumo della pineta diventava sempre più intenso oltrepassando il semaforo di Fertilia. Ad un certo punto bisognava svoltare a sinistra, si andava dritti lungo una strada a doppio senso e arrivati allo stop si entrava dentro un cancello verde; percorrendo la stradina in macchina sotto la pineta con a sinistra tutte le ville delle Bombarde, nonno ad un certo punto si fermava, nonna scendeva ed entrava in casa, noi parcheggiavamo la macchina.
Preso l’ombrellone cucito da nonna e la borsa con gli asciugamani ci incamminavamo verso la spiaggia; individuato un punto non troppo lontano dalla riva, nonno posizionava con cura l’ombrellone e lo fermava con delle pietre grandi per tenerlo fermo in caso di vento.
Asciugamani stesi, attendevo con ansia che nonno mi gonfiasse i braccioli per entrare subito in acqua, a volte li usavo, altrimenti mi piaceva nuotare vicino la riva, munita di maschera con boccaglio.
Alcune volte ero davvero fortunata perchè facevo amicizia con qualche bambino o bambina che erano ad Alghero per le vacanze. Era semplice fare conoscenza, bastava chiedere << Ciao, vuoi giocare con me?>> e la risposta era praticamente un generoso <<si>>.
Si iniziava a giocare in acqua o sulla spiaggia con le biglie, si costruivano castelli di sabbia, piscine finte poi ci si stancava. Ad una certa ora era il momento di fare merenda e se eri in acqua da troppo tempo le dita delle mani sicuramente erano raggrinzite, questo era un chiaro segnale che bisognava immediatamente asciugarsi e fare una pausa.
Verso mezzogiorno o anche un pò prima si ritirava tutto, era il momento di ripararsi in pineta vicino alla panda rossa. Con nonno ci accomodavamo sui tronchi o su delle piccole sedie; il canto delle cicale, ci teneva compagnia per le ore successive…che bel chiacchiericcio! Dopo un pò non ci si fa più caso, quel canto si mescola con i pensieri. Nonno iniziava a leggere un libro oppure scriveva su un quaderno, per tenere la mano e la mente allenata, diceva.
Oppure se era il momento giusto ricordo come se fosse solo ieri che iniziava la preparazione delle canne e delle verghe per realizzare i suoi cestini. Con cura e tanta pazienza puliva quei rami profumatissimi di mediterraneo, dopodichè li conservava. La stessa cosa valeva per le canne, le puliva e spaccava con un coltellino per renderle sottili. Quando aveva un bel pò di materiale pronto iniziava a intrecciare il tutto, tra una canzone e l’altra e il canto delle cicale.
Io a volte lo aiutavo a pulire le verghe, potevo farlo senza utensili, poi lui le rifiniva. Quando mi annoiavo giocavo di fantasia e andavo da una parte e l’altra della pineta, raccoglievo le pigne per cercare pinoli, staccavo involucri di cicale secche dai tronchi degli alberi. Quello che mi piaceva di più fare era ogni tanto entrare nella casa della famiglia romana; facevo finta che fosse mia, entravo entusiasta dal cancelletto e percorrevo il piccolo sentiero che conduceva all’ingresso della veranda.
Mi accomodavo in una poltrona a dondolo e ogni tanto sentivo nonna parlare. Oppure mi piaceva entrare dentro quella casa fresca che sapeva di pura estate e giravo nelle stanze del piano terra, tra bagno cucina e soggiorno potevo giocare con la fantasia e pensare che tutto quello che vedevo e vivevo era mio.
Quando nonna terminava di lavorare, si rientrava a casa, c’era molto caldo e non vedevo l’ora di pranzare. Anche casa dei miei nonni era pura estate. Con la pelle ancora salata, guardavo i cartoni animati mentre pranzavo e subito dopo aver fatto una bella doccia era il momento di riposare, quasi dondolata da quel canto incessante delle cicale che mi tornava in mente con il dolce rumore delle onde del mare.
L’estate, il profumo dei fiori, l’acqua cristallina, le spighe, l’ombra degli alberi, il fresco e il caldo riempivano le mie giornate…è un dolce e malinconico ricordo di un’estate al mare.
Leggerlo è stato come esser lì insieme a voi ❤️